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Originalità:

vi siete mai chiesti cosa sia in effetti?

È il tema che inseguiamo in questo secolo. Se i secoli fossero capitoli di una storia scritta in un libro, Originalità sarebbe il titolo di questo breve lasso di tempo. Parola latente nella fine dell’ottocento, già nei primi del novecento era un ossessione. Un tormentone; e proprio come i tormentoni musicali estivi, magari frivoli, un po’ insensati ma che curiosamente si impossessano del nostro apparato uditivo, questo tema è diventato protagonista di tutti i movimenti del ‘900 – è il secolo più denso e concentrato di nomi e ideologie: perché prima non potevano essere espresse con facilità o perché c’era un forte desiderio di sottolineare ogni minima sfaccettatura delle diverse ma simili linee di pensiero?-

Proprio come un tormentone, nell’autunno del 900, nel 1980, il tormentone ha lasciato di nuovo spazio a tutte quelle vecchie canzoni che sentiamo da sempre, quelle belle, quelle che non si dimenticano, anche se magari non piacciono a tutti; quelle che sentiamo dentro, anche se siamo consapevoli che sono state scritte tanti anni fa e che il mondo è andato avanti.

Di tutta questa voglia di novità infondo non è rimasto gran ché; siamo nel nuovo secolo, che bacia le mani all’ignoranza, spesso anche inconsapevole, e ciò che viene definito originale è spesso solo un invenzione che ammicca o copia principi e forme ritrovabili in un libro ( magari sepolto da miliardi di pagine,magari introvabile, ma esistente). Immaginereste voi, Michelangelo, Leonardo, Caravaggio, Bernini, Brunelleschi, Monet, o Picasso (solo per citare due o tre pilastri), seduti su una sedia, demoralizzati, con lo sguardo fisso nel vuoto, a pensare a come essere originali, riconoscibili, nuovi? Credete che mentre dipingevano, scolpivano, costruivano, si curassero così tanto di ciò che avevano intorno?

Sì, perché l’originalità è imprescindibile dal contesto, è sempre in relazione al passato e al presente.

No, io non ce li vedo. Credo che loro applicassero tutta la loro capacità tecnica e ci mettessero tutto il sentimento, l’emozione che sentivano. L’originalità, la novità che il genio artistico apportava alle riflessioni o al creato, altro non erano che una naturale progressione di eventi, uno specchio del contesto in cui agivano. Erano individui nati per sentire, come coperti di un epidermide ipersensibile capace di captare più percezioni degli altri, più in fretta degli altri, sopratutto capaci di indagare su quelle percezioni con più intuito degli altri.

Non ho la superbia di elevarmi ad un titolo che, ai più grandi, è stato conferito secoli dopo le creazioni, da osservatori estasiati, così come non oso parlare di Arte, perché è una definizione talmente grande da essere impossibile da abbracciare per intero.

Quel che faccio è quel che si può vedere, quel che qualsiasi occhio può vedere. Più, chi guarda, ama osservare e riflettere su ciò che lo circonda, più a fondo può valutare ogni colore sulla tela.

La mia ambizione è produrre quadri che non necessitino di trafiletti esplicativi, esattamente come un narratore non necessita di immagini per far figurare a chi legge il mondo fantasticato.

Pittura. Definitela come volete.